I dati relativi alla consistenza associativa delle associazioni venatorie riconosciute del Lazio delineano un quadro chiaro e inequivocabile riguardo al significativo calo del numero di cacciatori e, di conseguenza, della rappresentatività venatoria stessa, in un contesto socio-culturale in continua evoluzione.
Nel quinquennio 2019-2023 si è registrato un decremento prossimo al 10% dei cacciatori iscritti alle associazioni riconosciute, attestando attualmente a 35.645 il totale dei cacciatori nella nostra Regione (dato che non considera però i cacciatori affiliati ad altre sigle associative, come ad esempio Confavi, la quale ha riportato nel 2024 un incremento rilevante del 12% rispetto al 2023).
In sintesi, nella nostra Regione si è verificato, sempre sulla base dei dati forniti dalle associazioni venatorie riconosciute, un sensibile calo di 3.567 unità nel numero di cacciatori dal 2019 al 2023, passando da 39.212 a 35.645.
Tra le associazioni che hanno evidenziato una significativa diminuzione degli iscritti si segnalano EPS, ENALCACCIA, ARCICACCIA e ANLC mentre risultano sostanzialmente stabili, sebbene con un costante lieve calo nei propri tesserati FEDERCACCIA, ITALCACCIA e ANUU.
Al di là dei meri numeri – ai quali torneremo nei prossimi giorni – il dato che può essere definito “allarmante” è quello di una rappresentatività venatoria fortemente disgiunta dalla base associativa e incapace di mantenere quel solido legame di fiducia e appartenenza tra la base stessa e i vertici dirigenziali, anche per effetto di scelte discutibili adottate negli ultimi anni all’interno degli Ambiti Territoriali di Caccia della nostra Regione.
Non di rado molti cacciatori manifestano forte preoccupazione per la pressoché totale assenza di momenti di confronto, con la sostituzione dei tradizionali Circoli da parte delle pagine social, che ha provocato una frattura tra la base associativa e i vertici dirigenziali. In linea generale nel momento in cui si presenta la scelta tra “decidere” o “far decidere”, prevale il principio di autorità; pertanto, all’interno di ogni gruppo viene individuato o emerge, secondo dinamiche differenti, un capo incaricato di assumere le decisioni che in molti casi porta a prediligere non la persona ritenuta più saggia, bensì quella considerata più temeraria ed infatti a perdere consensi, secondo i dati in nostro possesso, sono proprio quelle Associazioni Venatorie riconosciute che, negli anni, occupando ruoli decisionali negli ATC Laziali ne hanno segnato l'infausto destino del commissariamento.
L'atmosfera di malcontento tra i cacciatori si intensifica poi ulteriormente a causa della mancanza di un Piano Faunistico Regionale aggiornato, che rispecchi davvero le realtà territoriali. Per questo, come abbiamo più volte evidenziato, è essenziale anche rivedere la gestione delle aree protette, riportandole alle percentuali previste dalla legge e considerando una gestione della fauna selvatica che tenga conto delle priorità necessarie per favorire una miglior convivenza con agricoltori, allevatori e attività legate alla cultura rurale.
Purtroppo, nonostante questo declino, le parole di un famoso presidente nazionale, "Seppur delusi andiamo, scontenti ma non vinti..." sembrano risuonare particolarmente tra una vasta schiera di cacciatori, ormai sedotti da miti inefficaci e storie che li vedono costretti ad adattarsi al quotidiano, con un costo che non è affatto conveniente.
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